Storia

Una storia dettagliata ed esauriente delle vicende che hanno contribuito a determinare la tragica situazione odierna è, se non impossibile, sicuramente difficile. Non meno difficile, ma più interessante, è cercare di snodare l'intrigato susseguirsi di tesi contraddittorie che strozzano una disinteressata presa di coscienza, unico antidoto per tentare di capire ciò che è accaduto e che continua ad accadere.

Se non si conosce cos'è il sionismo, e soprattutto quali sono state le sue basi ideologiche e i sui effetti pratici, diventa quasi impossibile avere una panoramica chiara della situazione odierna. Lo stesso vale per la dichiarazione di Balfour, primo passo verso la fondazione dello stato d'Israele e primo errore di una nazione, quella inglese, che ebbe un ruolo determinante nel creare l'instabilità odierna. Proprio contro gli inglesi si sono svolte le prime azioni terroristiche di marca israeliana, rivendicate dall'Irgun e dallo Stern.
La fine della seconda guerra mondiale, il ritiro quasi totale delle potenze europee dalla zona mediorientale, il costituirsi di un nuovo assetto internazionale e la massa di profughi ebrei prodotti dai campi di concentramento: tutti questi fattori hanno portato, nel 1948, alla costituzione dello Stato israeliano. Questa data non coincide solo con la fondazione di Israele, ma anche con l'inizio di una serie di guerre che hanno delineato le gerarchie geopolitiche odierne.
Senza accorgersene si passa dalla storia all'attualità, e non si illumina l'una senza l'aiuto dell'altra. Ed ecco che si materializzano le questioni dei confini, dei processi di pace, degli atti terroristici, delle rivendicazioni;il ruolo dell'ONU, degli Usa, dell'Europa e dei paesi arabi limitrofi diviene determinante. A complicare le cose ci pensa l'infiltrazione religiosa, sia quella islamica che quella ebraica.


BREVE INQUADRATURA STORICA


E' una tesi accreditata quella che fa coincidere l'origine etnica degli ebrei e degli arabi.
Agli albori della storia, tribù semite lasciarono la regione del Tigri e dell'Eufrate e si diressero verso il Mar Mediterraneo; alcuni si fermarono nelle terre coltivabili stanziate tra il fiume Giordano e il mare, altri scelsero di condurre una vita nomade, cadenzata da continui spostamenti dettati dai bisogni del bestiame.
Lo stretto rapporto di fratellanza che unisce arabi ed ebrei è deducibile, oltre che da ricerche storiche, anche dalla lettura della Bibbia, il libro sacro che racchiude in sé la storia del popolo ebraico, dei suoi rapporti con Dio e delle sue relazioni con gli altri popoli.
Nel libro della Genesi viene raccontata la vicenda di Abramo, il patriarca la cui fede sarà ricompensata da Dio con una posterità numerosa.
Abramo era sposato con Sara, una donna che non era in grado di dargli figli; l'età avanzava e, spinto dalla stessa Sara, Abramo decise di unirsi con una donna che fosse capace di dare alla luce un suo erede.
La scelta cadde su una schiava egiziana di nome Agar, la quale rimase subito incinta. Sara si lamentò con Abramo del fatto che la schiava, dopo essersi accorta di portare in grembo il figlio del padrone, la trarrava con disprezzo. L'astio e l'invidia crebbero nel cuore di Sara fino a spingerla a maltrattare Agar a tal punto da farla fuggire.
Ma un angelo  intervenna per riportare Agar dal suo padrone e, per fare ciò, le rivelò che il figlio che sarebbe nato dalla unione tra lei ed Abramo sarebbe stato prolifico e la sua discendenza numerosa.
Il nascituro venne chiamato Ismaele, e suoi discendenti sono gli arabi del deserto.
Ma Dio volle dare un figlio anche a Sara, la cui speranza di procreare era spezzata dalla vecchiaia e dalla sterilità, e da lei nacque Isacco.
Ismaele ed Isacco crebbero insieme ma Sara, che provava astio verso Agar, incitò Abramo a scacciarla. La cosa dispiacque ad Abramo, ma Dio gli disse: "non dispiacerti perché da te, attraverso Isacco, prenderà nome una stirpe. Ma io farò diventare una grande nazione anche i discendenti della schiava, perché è tua prole" (Genesi, 21, 17-18).
Quando Abramo morì lo seppellirono i suoi figli, Isacco e suo fratello Ismaele.
Ovviamente non si vuole far passare questa racconto come una esposizione veritiera di fatti storici, ma è indubbiamente indicativo di una tradizione che vede gli arabi e gli ebrei come fratelli, figli dello stesso padre.
Arabi ed ebrei presero due strade diverse, ma i loro rapporti non scemarono; tra la Palestina e il deserto non esistevano confini e il flusso continuo delle carovane nomadi intrecciò la storia di questi due popoli.
E' curioso sapere che gli uni dettero il nome agli altri: gli ebrei devono il loro nome al termine arabo eber che significa "al di là" del Giordano, mentre gli arabi derivano il loro nome dalla parola semita Araba che designa il "grande deserto".
Per centinaia di anni, ebrei ed arabi, hanno convissuto tra proficui scambi commerciali e piccoli screzi, differenziandosi e sviluppando concezioni religiose e culturali diverse.
Ma il popolo ebraico dovette subire, nel 70 d.c., la distruzione del Tempio di Davide e la totale conquista di Gerusalemme ad opera dell'esercito romano guidato da Tito: il popolo di Israele venne disperso per il mondo.
La dispora fece spostare il centro della vita ebraica in Europa e i figli di Abramo furono costretti a vivere in condizioni marginali, relegati in aree delimitate e indotti a svolgere attività considerate riprovevoli.
In questo clima la speranza di un ritorno nella terra promessa rimase viva, ma dovette accontentarsi di rimanere un sogno irrealizzabile, almeno sino alla fine del XIX secolo.

Razzismo in Europa

Purtroppo l'illuminismo, nonostante i valori di tolleranza che portava con sé, non riuscì a debellare quel virus che, nascosto nelle pieghe culturali europee, non aspettava altro che un terreno proprizio sul quale dilagare. Anzi, l'antisemitismo si alimentò della nuova fiducia nella ragione;  l'uomo pretese di discriminare l'altro uomo non perché untore o responsabile dell'assassinio di Cristo, ma perché portatore di sciagure economiche e geneticamente inferiore.
Stavano così sorgendo, nella moderna Europa di fine ottocento, dottrine razziste che contenevano vecchi pregiudizi e nuove basi pseudoscientifiche, le quali minacciavano di radicarsi in tutti gli strati sociali.
E' in questo clima che vide la luce un libro scritto da Theodor Herzl intitolato Lo stato degli ebrei, pubblicato nel 1896: un libro fondamentale nella costituzione del sionismo.
In questa sorta di manifesto, Herzl espose la tesi secondo cui il popolo ebraico avrebbe dovuto riunirsi in un proprio Stato, poichè non gli era stato permesso di assimilarsi alla vita europea. Herzl rimase colpito dal "caso Dreyfus", un ufficiale francese di origine ebraica, accusato di aver rivelato segreti militari ad uno Stato nemico. Accuse che, come si scoprì in seguito, erano del tutto infondate.
Il processo, conclusosi con la degradazione dell'ufficiale incriminato, e l'atteggiamento tenuto dall'opinione pubblica, contribuirono fortemente a far crescere in Herzl la convinzione che fosse indispensabile un ritorno a Sion. Nel 1897 si tenne in Svizzera il primo Congresso sionista, durante il quale venne proclamata la necessità di creare in Palestina un "focolare" per gli ebrei.
Ovviamente un tale progetto aveva bisogno dell'aiuto delle grandi potenze europee e, in particolar modo, della Gran Bretagna, nazione coloniale la cui influenza nell'aria mediorientale era destinata ad aumentare.

In medioriente

I territori arabi che si affacciavano sul Mediterraneo erano entrati a far parte dell'Impero Ottomano nel corso del XVI secolo. Per l'importanza strategica di tali territori e per la crisi che stava attraversando l'Impero Ottomano, tutto il bacino arabo del Mediterraneo fu guardato, nel corso dell'Ottocento, con occhi attenti dalle maggiori potenze europee. La popolazione che viveva in Palestina si dedicava all'agricultura, anche se la maggior parte dei terreni apparteneva a ricchi latifondisti. I fellahin (contadini) arabi si limitavano a coltivare terre di cui non erano proprietari.
L'entrata in guerra della Turchia nel 1914 fece luccicare gli occhi di quei Paesi che sino ad allora si erano limitati a sognare la spartizione delle terre ottomane; la sconfitta finale permise alla Gran Bretagna di controllare la Palestina, strategicamente fondamentale.

1. Le Origini del Conflitto

E' con la dichiarazione di Balfour del 1917 che viene fatto coincidere lo snodo fondamentale della questione arabo-israeliana.
Il 2 novembre di quell'anno, l'allora ministro degli esteri inglese, Lord J. Balfour, rendeva noto a Lord Rothschild, presidente onorario della Federazione Sionista, che il governo inglese vedeva con favore la creazione in Palestina di un focolare nazionale ebraico, specificando che "nulla sarà fatto che possa recare pregiudizio ai diritti civili e religiosi delle Comunità non ebraiche esistenti in Palestina".

Il contesto generale in cui si inseriva la Dichiarazione era la fine della prima guerra mondiale e il conseguente crollo dell'impero ottomano.
L'Arabia, l'Egitto e i territori che formavano la Mezzaluna fertile cessavano di appartenere alla Turchia: nasceva così il problema della spartizione dei territori arabi.
La Società delle Nazioni (SdN), progenitrice dell'ONU, sviluppò la formula dei mandati per dirimiere la questione dei territori ex ottomani.
I mandati erano di tre tipologie. Quello di tipo "A" riguardava quei Paesi che avevano raggiunto un grado di sviluppo tale da poter pronosticare una loro futura indipendenza, ma che necessitavano di uno Stato mandatario capace di traghettarli verso una autonomia politica ed economica definitiva.
Di questo gruppo facevano parte i territori in questione, i quali furono assegnati dalla SdN alla Francia e alla Gran Bretagna nel 1920, anno della Conferenza di Sanremo.
Ma già nel 1916 un accordo segreto anglo-francese, chiamato "Sykes-Picot" dal nome dei due protagonisti, definiva la spartizione dell'area.
In base all'accordo, alla Francia veniva assegnata la Cilicia e la costa siriana e libanese fino ad Akko, la Gran Bretagna avrebbe amministrato la Mesopotamia meridionale, il Distretto di Bassora e, in Palestina, la città di Akko e di Haifa; la zona di Gerusalemme, Betlemme, Nazareth e le rive del lago di Galilea sarebbero state internazionalizzate.
Da questi dati si evince una strategia politica ambigua della Gran Bretagna: vedi l'accordo segreto con i francesi per la spartizione dei territori del Medioriente avvenuto tre anni prima della Conferenza di Pace di Parigi (gennaio 1919), e sucessivamente la promessa fatta ai Sionisti, tramite la Dichiarazione di Balfour (1917), di assegnare loro un territorio che materialmente non possedeva ancora e che avrebbe ricevuto sotto la propria protezione solo dopo la Conferenza di Sanremo (1920).
Ma vediamo nel dettaglio quella che fu la spartizione ufficiale dei territori decretata dalla Conferenza sanremese del 25 aprile 1920:

- alla Francia fu affidato il mandato sulla Siria e sul Libano
- alla Gran Bretagna i mandati sulla Palestina e sull'Iraq, con l'obbligo di applicare la Dichiarazione di Balfour

La Gran Bretagna divise la Palestina in Stati separati, usando come confine geografico il fiume Giordano. I territori ad est del fiume costituirono la Transgiordania, mentre quelli ad ovest costituirono la Palestina.
Furono proprio i territori che si estendevano tra il Mediterraneo e il Giordano a essere destinati alla costituzione del focolare ebraico, mentre la Transgiordania fu affidata nel 1922 all'emiro Abdullah, decretando così la nascita dello Stato arabo-palestinese.
Ma le contraddizioni in seno alla geopolitica della Gran Bretagna, dettate da un realismo politico tipicamente coloniale, impedirono una soluzione chiara e pacifica della spartizione dei territori tra arabi ed ebrei.
L'amicizia con gli arabi era fondamentale per mantenere la propria influenza su di una regione altamente strategica, considerata di vitale importanza per il controllo del canale di Suez.
Ovviamente le eventuali concessioni al movomento sionista dovevano, per forza di cose, essere subordinate agli interessi della corona inglese nell'area.
La Gran Bretagna, per raggiungere la vittoria sui turchi, aveva promesso agli arabi che si erano rivoltati contro l'Impero Ottomano l'indipendenza della Palestina.
Questa promessa non fu mantenuta e gli arabi, come se ciò non bastasse, dovettero prendere atto della spartizione, tra Francia e Inghilterra, dei loro territori. Tutto questo a svantaggio delle aspirazioni nazionali arabe di cui i Britannici si erano cinicamente serviti per i loro interessi.

Veniamo ora alle promesse fatte agli Ebrei.
In molti si sono interrogati sul motivo che ha spinto il Regno Unito a garantire al movimento sionista un focolare ebraico in Palestina.
Un'ipotesi accreditata  presume che il governo britannico abbia voluto affrancarsi la simpatia dell'élite ebraica russa per convincere lo zar a chiudere in una morsa i turchi durante la Prima Guerra Mondiale.
Una promessa, anche questa, che venne notevolmente ridimensionata una volta raggiunto lo scopo prefissato.

1. Verso la Nascita di Israele

La fase iniziale del mandato britannico fu propizia al sionismo. 
Ma già nel 1922, anno della pubblicazione del Libro Bianco di Churcill, si ebbe un cambiamento della linea inglese e una prima riduzione della Dichiarazione di Balfour.
In esso il governo dichiarava che "non voleva trasformare l'intera Palestina in focolare nazionale, ma più correttamente fondare in Palestina un focolare di tal genere".
Intanto l'emigrazione ebraica o aliàh (ritorno-ascesa) continuava con un rutmo sempre più elevato, anche a causa dei regimi totalitari e antisemiti che si stavano sviluppando in Europa.
L'arrivo di ingenti masse di ebrei e la condotta inglese fomentarono la tensione tra arabi ed ebrei. In ogni caso, i gravi incidenti che scoppiarano non influenzarono l'immigrazione sionista; tra il 1922 e il 1931 la popolazione ebraica raddoppiò.
I nuovi arrivati comprarono la terra dai latifondisti palestinesi, incominciarono a lavorarla e a proteggerla tramite la creazione di un nucleo di difesa, detto l'Haganah.
I palestinesi, che coltivavano quelle terre da generazioni, si sentirono traditi da ricchi latifondisti che, palestinesi come loro, preferivano fare un buon affare più che permettere a loro di continuare a lavorare.
Il clima se fece sempre più teso, tanto che la Gran Bretagna pubblicò un nuovo Libro Bianco, detto Libro Bianco di Passfield (1930). In esso venne modificato il criterio che regolava l'immigrazione ebraica e furono limitati gli acquisti di terre da parte degli ebrei.
La tensione crebbe fino a sfociare nella "Rivolta Araba" che ebbe inizio il 15 aprile del 1936 con l'assassinio di un ebreo nelle vicinanze di Nablus. La rivoltà dilagò, obbligando i britannici a dispiegare ingenti forze di sicurezza, e ad assumere un nuovo atteggiamento di ufficiale simpatia verso la Haganah, ritenuta fino ad allora una organizzazione clandestina.
La commissione reale incaricata della gestione della Palestina decise di affrontare direttamente la questione dei disordini per giungere ad una soluzione definitiva e duratura.
Il professor Reginald Coupland propose di spartire il paese, fondando le sue considerazioni sulla tesi che due popoli così diversi come quello ebreo, fortemente occidentalizzato, e quello palestinese, figlio di una cultura propriamente asiatica, non potevano coesistere in un unico Stato.
Alla fine del 1937, i britannici lasciarono cadere l'idea di una spartizione della Palestina a casua dell'opposizione araba, la quale non poteva essere ignorata in un periodo di crisi internazionale come quello della fine degli anni Trenta.
Lo scoppio di una seconda guerra mondiale era una possibilità più che certa e la Gran Bretagna aveva bisogno del petrolio mediorientale e dell'appoggio degli arabi.
Ancora una volta gli interessi inglesi condizionarono il rapporto tra arabi e ebrei.
Nel 1939 fu redatto un nuovo Libro Bianco, in cui erano presenti forti restrizioni all'immigrazione ebraica in terra palestinese. La reazione non si fece attendere tanto che l'Haganah costituì il Mossad, una organizzazione per l'immigrazione clandestina.
Nacquero anche gruppi terroristici ebraici come lo "Stern", rappresentante dell'estrema sinistra, e l'Irgun, rappresentante dell'estrema destra, i quali operarono sia contro arabi sia contro le forze armate britanniche.
La fine della guerra, oltre alle macerie, lasciò in eredità la tragedia della Shoah.
L'unico movimento che riuscì a fomentare la speranza in un avvenire diverso per gli ebrei fu il movimento sionista che, per raggiungere il prorpio obiettivo, si vedeva limitato dalla presenza britannica.
Ebbe inizio la "rivolta ebraica".
La causa principale dell'inizio della rivolta fu la decisione del governo britannico di pattugliare con le navi da guerra i porti della costa palestinese per impedire lo sbarco degli immigrati ebrei.
Centinaia di migliaia di ebrei sopravvisuti ai campi di sterminio attendevano di trasferirsi in Palestina, ma la Gran Bretagna sperava di conservare la propria influenza sul Vicino Oriente.
Iniziò, allora, l'immigrazione clandestina coordinata da organizzazioni politiche ebraiche non ufficiali.
L'Agenzia ebraica, riconosciuta ufficialmente dal governo britannico già nel 1929, i cui scopi erano di facilitare l'immigrazione ebraica in Palestina e di comprare le terre dai proprietarri arabi, era inizialmente reticente allo scontro a viso aperto con la Gran Bretagna. Ma ormai la strada della lotta armata era inevitabile; la Haganah, nella notte tra il 31 ottebre e il 1 novembre 1945, colpì i battelli di pattuglia della polizia nei porti di Haifa e Giaffa.
Gli attacchi erano mirati ai sistemi di comunicazione e al personale britannico.
Nell'estate del 1946 lo stato maggiore britannico di Palestina, alloggiato nell'albergo King David, fu totalmente annientato da una esplosione.
Fu il colpo più duro inferto dalla resistenza ebraica alle forze armate britanniche ed ebbe l'effetto di convincere il governo britannico che era necessario adoperarsi per arrivare ad una soluzione politica del conflitto.





















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